Con questo lavoro sperimentale ho voluto analizzare un fenomeno di grande importanza nella ridefinizione del concetto di “inclusione”, avendo come riferimento l’integrazione degli alunni stranieri nelle scuole italiane. L’occasione è nata dalla possibilità di considerare quanto impellente sia divenuta una didattica attiva, tesa a permettere, in un contesto ormai multietnico, la giusta integrazione di un variegato gruppo di apprendimento e di come, laddove l’intervento sia stato opportuno, si è manifestato come occasione di interscambio acquisitivo di competenze e saperi reali. L’esempio dato dal contesto interculturale che si è determinato nel piccolo Paese di Riace, nella provincia di Reggio Calabria, lascia infatti sperare in una visione del mondo che non conosca i confini territoriali dell’appartenenza e non imponga alla cultura il solo peso della tradizione. In questa visione, il concetto di spazio di vita diviene pertanto sempre più quello prefiguratosi da Zygmunt Bauman[1], il quale, piuttosto che riferirsi al tradizionale attributo della sovranità come potere dispiegato da una autorità in un territorio delimitato, ha preferito definire i luoghi dell’esistenza multietnica come la “costruzione”, reale e simbolica, di spazi di interscambio della cultura e dei valori di ogni singola appartenenza, per rendere il mondo comune oltre che “prevedibile” e gestibile”.
[1] BAUMAN Z. (2002), Modernità liquida, Bari, Laterza
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